I mimi della natura: guida all’allevamento degli Insetti Stecco

 

di Alessandro Vlora

 

Articolo pubblicato sulla rivista on-line Aquariophilia n°10/11 (2011)

 

Gli Insetti Stecco sono probabilmente gli insetti più diffusi tra i terrariofili appassionati di entomologia per la strana conformazione del corpo oltre che per la facilità d’allevamento; sono animali che hanno eretto il mimetismo a forma di “arte” e lo utilizzano nelle maniere più disparate fino a diventare assolutamente invisibili, sia ai predatori che agli occhi dei meno esperti.

In passato classificati tra gli Ortotteri, attualmente sono inseriti nell’ordine Phasmatodea, da “phasma” che significa, appunto, “apparizione, fantasma”: gli Insetti stecco sono così chiamati in quanto facilmente confondibili con ramoscelli poiché così come il corpo, anche le antenne e le tre paia di zampe sono spesso particolarmente sottili e fragili. La classificazione e le relazioni filogenetiche tra questo ordine di insetti e quello degli altri Polineotteri è, ancor oggi, oggetto di discussione tra gli entomologi. Attualmente si tende a coniugare lo studio classico delle caratteristiche morfologiche con quello prettamente genetico (in questo caso analisi del DNA ribosomiale) e ciò sta comportando nuove considerazioni tassonomiche finanche alla identificazione di nuovi ordini, come quello dei Mantophasmatodea (Terry e Whiting, 2005). 

Non avendo particolari sistemi di difesa attiva (per lo meno le specie comunemente allevate) e non essendo dotati di grande motilità, per forza di cose i fasmidi hanno adattato il loro corpo in modo da essere meno visibili possibile: la forma, spesso cilindrica, molto allungata e sottile, e i colori di base, marrone o verde, riproducono rami e foglie sui quali vivono.

Alcune specie, come Carausius morosus, sono in grado di cambiare colorazione a seconda del mutamento di alcuni parametri ambientali (grado di umidità, illuminazione, natura del substrato, ecc.), altre, come Eurycantha calcarata, durante il ciclo vitale.

L’omomorfismo e l’omocromia, abbastanza comuni a molte specie di insetti, non dovrebbe destare meraviglia; ciò che, invece, più colpisce di questi insetti “fantasma” è il comportamento mutevole, in grado cioè di cambiare durante i vari stadi di vita, adattandosi continuamente alle nuove condizioni, come se le giovani neanidi frequentassero una scuola che a poco a poco li porta, con la maturità, alla perfezione.

Esemplare adulto di Bacillus rossius

Il ciclo di vita

Insetti eterometaboli, i giovani appena fuoriusciti dalle uova sono simili agli adulti, ma molto più piccoli, delicati e privi di ali; tali forme giovanili si chiamano neanidi, impropriamente ninfe, per una imprecisa traduzione dalle lingue anglosassoni. La neanide appena sgusciata dall’uovo si definisce di prima età; al termine della prima età, muta in neanide di seconda età e così via.

 

Neanide (in alto) e adulto di Eurycantha calcarata

Appena nati cercano già di sembrare qualcos’altro: essendo davvero minuscoli, corrono il rischio non solo di essere predati, ma anche di essere uccisi da animali che magari, solo per curiosità, dovessero avvicinarsene e tastarli. Ad esempio, alla nascita, le neanidi di Baculum extradentatum con il corpo del colore del substrato, tenendo le zampe ben salde a terra, alzano la parte terminale del corpo, fino a tutto l’addome, in modo tale che, a prima vista, siano praticamente identici a piccoli di scorpione; adottano tale stratagemma, definito dagli zoologi “fanerico batesiano”, fin quando, dopo 2-3 mute, il corpo non si è ingrandito tanto da rendere poco credibile il “travestimento”. A questo punto cambiano tattica adottando il mimetismo criptico e, spostandosi sui rami più alti, sono capaci di rimanere assolutamente immobili per ore; a perfezionare l’opera, in posizione di riposo, spostano in avanti il primo paio di zampe e lo allineano con il corpo, operazione facilitata dalla presenza di un incavo in cui si incastra la testa (in foto Bacillus rossius).

L'allineamento del primo paio di zampe con il corpo permette agli "stecco" di proteggere il capo.

 

Questo atteggiamento, oltre a renderli ancora più somiglianti a ramoscelli, serve a proteggere la testa da un qualsiasi attacco: se afferrati per le zampe, infatti, per mezzo di una brusca contrazione muscolare, sono in grado di lasciarle cadere (fenomeno chiamato autotomia) confondendo l’eventuale aggressore. A distanza di un paio di mute, gli arti perduti saranno nuovamente ricresciuti, anche se talvolta non identici ai precedenti. Seppur di rado, ci si può imbattere nel fenomeno dell’eteromorfosi, cioè la rigenerazione al posto dell’organo perduto (ad es. una zampa) di un altro organo (es. un’antenna).

Le neanidi di prima età di Extatosoma tiaratum, invece, mimano nel colore, nella postura e nei movimenti, le formiche tessitrici australiane del genere Oecophylla, molto temute in quanto particolarmente aggressive. L’imitazione nella forma e nel comportamento delle formiche si  definisce mirmecomorfismo. Foto in basso.

                             

Il mimetismo criptico accompagna gli “stecco” anche durante i movimenti: quando si spostano, infatti, ondeggiano al fine di simulare il movimento di un rametto mosso dal vento.

Nei confronti di una presunta minaccia o in seguito ad una aggressione, una stessa specie (ad esempio Baculum extradentatum) può attuare differenti strategie difensive: rimanere immobile, appiattita al substrato, in modo da non essere facilmente sollevabile oppure, qualora l’aggressione avvenga su di un ramo, lasciarsi cadere facendo una sorta di capriola al contrario che, oltre a disorientare l’aggressore, permette loro di raggiungere più velocemente il suolo. Se l’esemplare in pericolo è già in terra, esso ricorre alla tanatosi (dal greco thanatos = morte), meccanismo che consente di assumere una postura del tutto simile ad un animale morto e, di conseguenza, potenzialmente sgradevole a fini alimentari.

La riproduzione

Per quanto concerne il ciclo di vita, gli Insetti stecco non sono animali molto longevi, sebbene a volte il loro ciclo possa durare più di un anno, come ad esempio in Heteropteryx dilatata. Per questo motivo si sconsiglia l’acquisto di esemplari adulti, ormai quasi al termine della loro vita. Le neanidi di terza età (cioè gli esemplari giovani, ma non troppo!) si rivelano la scelta giusta. Acquisita una certa esperienza, si possono acquistare semplicemente le uova, sempre che si conoscano le esigenze di incubazione e ci si armi di grande pazienza: per buona parte delle specie la schiusa avviene a distanza di qualche mese. Di contro, se allevati correttamente, la deposizione delle uova può avvenire piuttosto facilmente. Una stessa specie può presentare riproduzione sessuale anfigonica, basata sull’accoppiamento tra adulti di sesso opposto con conseguente fecondazione, e partenogenetica, fondata sullo sviluppo di uova non fecondate; di conseguenza popolazioni di sole femmine possono deporre uova fertili in grado di svilupparsi senza l’intervento fecondativo del maschio. Con quest’ultima modalità riproduttiva si verifica un incremento del numero di individui, ma la totale assenza di variabilità genetica; al fine di evitare tale fissità genica, negativa dal punto di vista evolutivo, spesso la riproduzione per partenogenesi può essere di natura occasionale (con uova non fecondate da cui possono nascere tanto maschi che femmine) oppure ciclica, alternandosi con la riproduzione per anfigonia.

Quando presente, l’accoppiamento avviene nella forma classica con il maschio, generalmente più piccolo e sottile, che blocca l’addome della femmina con la parte terminale del suo addome, a forma di “pinza”, e le trasferisce la carica spermatica.

Acccoppiamento di Oreophoetes peruana: il maschio presenta una colorazione di base rossa

Le uova, anch’esse criptiche e simili a semi, presentano un cappuccio, detto opercolo, dal quale viene fuori la neanide di prima età al momento della schiusa.

Uova di Extatosoma tiaratum: in evidenza l'opercolo circolare

Uova di Extatosoma tiaratum: vista laterale

Possono essere deposte libere sul suolo (ad esempio in Baculum extradentatum e in Bacillus rossius), poco sotto terra (come in Heteropteryx dilatata e Eurycantha calcarata) o attaccate alle piante di cui si nutrono per mezzo di secreti prodotti dalle ghiandole colleteriche, poste in prossimità dell’ovopositore (es. Timema californica). La durata del periodo di incubazione delle uova è variabile da specie a specie, in genere compresa tra uno e dodici mesi, sebbene si possa anche arrivare a superare i quindici mesi in alcuni rappresentanti del genere Heteropteryx. Considerato questo prolungato periodo, è consigliabile trasferire le uova in un apposito incubatore per monitorarle meglio.

Le uova, in questo caso di B. rossius, possono avere forma, colore e dimensioni differenti nelle diverse specie

Si suole incubare le uova a temperature comprese tra 21 e 27 °C e umidità relativa tra 60 e 80% (Brock, 1992). Come accennato in precedenza, i fasmidi hanno sviluppo diretto, con gli stadi immaturi (le neanidi) molto simili all’insetto adulto e allevabili insieme agli esemplari adulti. Per quanto concerne Baculum extradentatum, dopo un numero abbastanza variabile di mute, le neanidi giungono a maturità e, circa un mese dopo aver compiuto l’ultima muta, sono in grado di deporre uova partenogenetiche. Il numero di uova deposte al giorno è variabile: per la specie in questione si va da 2 al giorno nelle prime settimane fino a 5-6 nella fase di massima produzione, per poi tornare a 1 o 2 poche settimane prima di morire. La presenza di maschi è molto meno rara di quanto solitamente si pensi e ciò può consentire un importante rimescolamento genico. Si è osservato in cattività che, laddove vi siano esemplari maschi, gli accoppiamenti sono molto frequenti e i nuovi nati, anche se in larga maggioranza femmine, conterranno un non esiguo numero di maschi. La differenza sostanziale consiste nella diversa durata del periodo di incubazione: le uova non fecondate hanno bisogno di più mesi di incubazione per schiudersi (Vallés, 2001), fenomeno riscontrato in Baculum extradentatum, Heteropteryx dilatata e Extatosoma tiaratum (Brock, 1992).

Il dimorfismo sessuale è più o meno marcato a seconda delle specie: talvolta così accentuato che maschi e femmine sembrano appartenere a specie diverse (come avviene per Heteropteryx dilatata e Extatosoma tiaratum) oppure per nulla evidente a tal punto che occhi “profani” potrebbero ritenerlo irrilevante. Baculum extradentatum rientra in questa seconda categoria.

Maschio (in alto) e femmina di Extatosoma tiaratum

La muta  

Un periodo delicato della breve vita dei fasmidi è quello della muta, processo che permette l’accrescimento del corpo e che si ripete, in genere, tra 5 e 7 volte: gli insetti non devono assolutamente essere maneggiati poiché la muta potrebbe non andare a buon fine o non essere completa, con una o più zampe che rimangono impigliate nella vecchia cuticola. La perdita di uno o due arti è comunque compatibile con la vita. Gli Insetti stecco in procinto di mutare si riconoscono abbastanza chiaramente in quanto diventano di un colore più chiaro; in questo stato fisiologico tendono a rifiutare il cibo, si sospendono a testa in giù e restano quiescenti fino a che si evidenzia una linea di rottura sulla cuticola da dove fuoriescono come se si stessero sfilando uno stretto camice.

Toccare questo tipo di animali non crea nessun tipo di problema, sempre che si faccia attenzione alla loro estrema fragilità; non si dimentichi, comunque, che alcune specie sono dotate di mezzi di difesa attiva: il maschio di Eurycantha calcarata ha sulle zampe posteriori due grosse spine capaci di oltrepassare il dito di un uomo, tanto che alcune popolazioni della Papua Nuova Guinea le  utilizzano come ami da pesca (in foto).

Altre specie, di difficile rinvenimento in commercio, come Anisomorpha buprestoides, possiedono ghiandole in grado di secernere sostanze irritanti.

L’alimentazione

Tutti gli insetti stecco sono fitofagi e si nutrono, prevalentemente nelle ore crepuscolari, per mezzo di un apparato boccale di tipo masticatore.

 

L’alimento preferenziale varia a seconda della specie, sebbene in cattività accettino volentieri foglie di rovo (Rubus spp.), nella varietà con spine o, ancor meglio per l’allevatore, nella varietà senza spine; foglie di querce, mirto, lampone e biancospino sono spesso ben accette. Ci sono specie di problematico allevamento, come Oreophoetes peruana, che si nutrono esclusivamente di foglie di pteridofite (felci).

Esemplari femminili di Oreophoetes peruana che "brucano" sulle felci

Sono conosciute ed allevate anche specie che si nutrono essenzialmente di foglie d'olivo e ligustro, come Peruphasma schultei (foto in basso).

Il maschio (a sinistra) ha un corpo più esile e sottile rispetto alla femmina

E’ superfluo ricordare che, qualunque cibo si offra, deve essere assolutamente privo di concimi e antiparassitari. Alimenti sostitutivi per brevi periodi di tempo sono basilico, lattuga e alcuni tipi di insalata. Brock (1992) riferisce di esemplari che si cibano volentieri di alcune varietà di geranio. In genere alimenti molto ricchi di acqua (come le comuni insalate) non solo fanno cambiare la consistenza delle feci, ma costringono questi insetti ad emettere bolle d’acqua al fine di eliminare i liquidi in eccesso. Tale circostanza può divenire un problema in quanto feci morbide e semi-liquide possono comportare la proliferazione di muffe pericolose per gli stessi insetti. Si sconsiglia comunque l’uso di cibo che non sia a base di foglie di rosacee (rovo, biancospino, lampone, ecc.) in quanto con alimenti sostitutivi gli insetti tendono a sviluppare difficoltà durante la muta e possono arrivare a morire in serie.

Per evitare il rapido disseccamento delle foglie, conviene che i ramoscelli adoperati come cibo peschino con la parte terminale del gambo nell’acqua di un piccolo contenitore d’acqua (boccaccio, beuta o bottiglia di acqua). Il collo del contenitore va opportunamente coperto con del cotone idrofilo al fine di evitare l’accidentale annegamento dei giovani esemplari.

Allevamento in terrario

Il terrario ideale per l’allevamento dei fasmidi deve rispondere essenzialmente a tre requisiti: buona areazione, sviluppo verticale, numero adeguato di aperture. Per la difficoltà di reperire in commercio simili terrari (ad eccezione di quelli adatti all’allevamento di camaleonti), si consiglia di costruirsi in proprio una teca in legno con ampie superfici in rete a maglie strette, che consentono buona areazione ed estesa superficie utile per gli spostamenti degli insetti; sostando di rado sul fondo, si preferiscono terrari maggiormente sviluppati in altezza.

 

Come substrato, sebbene esteticamente poco gradevole, ma molto funzionale, può adoperarsi della comune carta assorbente da cucina. Il colore chiaro, inoltre, permette facilmente di distinguere le feci dalle uova abbandonate sul fondo della teca.

Nella pulizia del fondo del terrario attenzione a non confondere le feci con le uova (di forma ellittica)

 

Nell’allevamento di specie provviste di ovopositore (come Heteropteryx dilatata e Eurycantha calcarata) è necessario un substrato di torba soffice o, comunque, una vaschetta riempita con substrato sterile inumidito (terreno setacciato o anche vermiculite) al fine di facilitare la deposizione delle uova.

Ovopositori di Heretopteryx (a sinistra) ed Eurycantha

Per conservare un buon tasso d’umidità basta vaporizzare acqua con un comune spruzzatore, una volta al giorno, direttamente sui ramoscelli adoperati come cibo. Monitorando le mute, indirettamente, si può comprendere se è necessario aumentare o diminuire l’umidità ambientale: in genere un ambiente troppo secco provoca difficoltà nel compiere la muta, un ambiente eccessivamente umido favorisce lo sviluppo di muffe e cattivi odori.

Collocando il terrario in casa, a temperature comprese tra 19 e 22°C, non è necessaria una fonte di calore supplementare; quando indispensabile, occorre adoperare piastre riscaldanti (di moderato wattaggio) da non posizionare mai sul fondo della teca in quanto disidraterebbero le eventuali uova deposte. In ambienti freschi, l’idonea temperatura può essere mantenuta optando per la costruzione di una teca con due lati in rete e due in cristallo o plexiglas. Temperature superiori a 30°C per periodi prolungati, in genere, sono mal sopportati dalla gran parte delle specie comunemente commerciate.

Per quanto concerne l’illuminazione, la luce proveniente da una finestra può essere sufficiente, purché si eviti l’irraggiamento diretto. Si sconsiglia, invece, di collocare il terrario in ambienti molto ventilati o soggetti a correnti d’aria.

Si ricorda, infine, che nessun fasmide è compreso nella Convenzione di Washington (CITES), ma è comunque vietato rilasciare esemplari vivi di specie alloctone in natura.  

Ringraziamenti

Si ringrazia il Prof. Francesco Porcelli della Sezione di Entomologia e Zoologia del Dipartimento di Biologia e Chimica Agroforestale ed Ambientale dell’Università degli Studi di Bari per le immagini concesse e il Dr. Francesco Nicassio per aver fornito alcune specie.

Bibliografia

AA.VV. (1976) – Il significato biologico del mimetismo. Atti dei Convegni Lincei 15: 71 pp.

Alderton D. (1992) – A step by step book about Stick Insects. T.F.H. Publications, Inc., USA: 64 pp.

Brock P.D. (1992) - Rearing and studying stick and leaf-insects. The Amateur Entomologist 22:    63 pp.

Chopard L. (1938) – La Biologie des Orthoptères. Lechevalier Éditeur, Paris: 541 pp.

Tinti F., Mantovani B. e Scali V. (1995) – Reproductive features of homospecific hybridogenetically-derived stick insects suggest how unisexuals can evolve. J. evol. Biol. 8: 81-92.

Terry M.D. e Whiting M.F. (2005) – Mantophasmatodea and phylogeny of the lower neopterous insects. Cladistics 21: 240-257.

Vallés S.R. (2001) – Fásmidi. Reptilia 1: 14-23.