PHELSUMA MADAGASCARIENSIS GRANDIS: ALLEVAMENTO E RIPRODUZIONE

 

Testo e foto di Alessandro Vlora

 

Articolo pubblicato sulla rivista “Il mio Acquario” n. 11 (1999)

 

Il genere Phelsuma comprende un incerto numero di specie (circa 40) e molteplici sottospecie, tutte endemiche del Madagascar e di altre isole limitrofe dell'Oceano Indiano (Seychelles e Comoro le più note).

Il nome comune di "gechi diurni" attribuito a questi sauri attesta le loro attitudini spiccatamente diurne (caratteristica insolita per la famiglia Gekkonidae); tale peculiarità è confermata anche dalla presenza di una pupilla circolare e dai colori brillanti della livrea.

Una delle specie frequentemente importate e maggiormente apprezzata dai terraristi di tutto il mondo per la vivace colorazione e per le notevoli dimensioni è il geco gigante del Madagascar (Phelsuma madagascariensis grandis Gray, 1870).

 

Caratteristiche generali

Delle diverse sottospecie di Phelsuma madagascariensis, la  grandis è l'unica che può raggiungere i 30 cm di lunghezza negli esemplari maschi: essa è tipica delle aree costiere settentrionali del Madagascar e sovente è osservabile presso insediamenti umani.

Gli adulti presentano sul dorso una uniforme colorazione verde brillante che diviene bianca sul ventre. Una striatura rossa collega gli occhi alle rispettive narici, mentre sul capo possono essere presenti ulteriori punteggiature o strie rossastre. Nella regione dorsale, tra le zampe anteriori e quelle posteriori, è presente una quantità variabile di macchie rosse, il cui numero può differire da individuo ad individuo (anche in base all'età). Alla nascita, infatti, i piccoli sono simili agli adulti, ma con una maggiore quantità di macchie e strie rosse sul dorso; anche la porzione ventrale della coda è rossastra e, solo dopo qualche settimana, tende a divenire verde come negli individui adulti.

A parità di età, il dimorfismo sessuale è evidente: i maschi sono riconoscibili per il maggiore sviluppo dei pori femorali (vedi foto), a volte totalmente invisibili nelle femmine

e per altre caratteristiche secondarie, quali la testa più larga ed il corpo più robusto e massiccio. In basso, nella foto, è riconoscibile il maschio in alto a destra.

 

Aggressività e territorio

Come la maggior parte dei gechi, anche Phelsuma madagascariensis grandis possiede un comportamento territoriale e particolarmente aggressivo con i conspecifici per cui, quando ci si accinge ad allestire un terrario, occorre badare al numero di esemplari da allevare, alla loro compatibilità e allo spazio a disposizione; in ambienti ristretti e con scarsi nascondigli, spesso le continue liti, soprattutto tra i maschi, possono portare alla morte degli individui più deboli o di minori dimensioni. In base a queste considerazioni ed alle grosse dimensioni degli individui adulti, l'allevamento in comunità con altre sottospecie è sconsigliabile. Le dimensioni minime stimate per allevare una coppia sono 50x50x60(h): delle tre dimensioni, l'altezza è quella da privilegiare per le caratteristiche comportamentali proprie del genere.

 

Il terrario per Phelsuma

Questa specie di geco, come molte altre, possiede lamelle adesive che consentono di trascorrere la maggior parte del tempo sostando in verticale sulle pareti laterali del terrario, per cui in base a ciò e per la maggiore facilità di pulizia e resistenza all'umidità, il cristallo è da considerarsi il migliore materiale per la costruzione del terrario. L'areazione può essere assicurata da un'ampia apertura posta sul lato superiore del terrario e da una piccola apertura laterale: ho adottato con profitto un coperchio di rete intelaiata, completamente asportabile, per facilitare la manutenzione e per vaporizzare comodamente dall'alto senza dover necessariamente aprire il terrario. La soluzione suggerita, inoltre, si rivela utile sia per l'applicazione di lampade U.V., il cui spettro luminoso non viene modulato attraverso il cristallo, sia per facilitare la somministrazione di alimenti: una rete a maglie strette (tipo zanzariera) impedisce al "cibo alato" di fuggire, al contrario di quanto avviene nel caso si adottino ante scorrevoli o sportelli a cerniera.

Per impedire dolorose scottature (questi sauri possiedono una pelle particolarmente delicata), è preferibile porre l'impianto di illuminazione artificiale all'esterno del terrario, in maniera tale da non essere direttamente raggiungibile. Come per altri retttili, la qualità della luce richiede particolare attenzione: qualora non sia possibile esporre i terrari direttamente alla luce solare (anche solo per qualche ora), le luci artificiali devono comprendere la maggior parte delle radiazioni dello spettro solare per consentire l'assorbimento del Calcio; a tale scopo è fondamentale la componente U.V.B, tanto importante, quanto deficitaria nelle lampade ad incandescenza o a neon di uso domestico. I più comuni problemi di salute in cui questi animali possono incorrere (osteodistrofia, rachitismo, fragilità della mascella, deformazione ossea della colonna vertebrale e della coda, incompleta calcificazione dei gusci delle uova) sono direttamente collegati ad una impropria qualità della luce, oltre che ad un deficitario apporto di vitamine e sali minerali (soprattutto Calcio e Fosforo) nella dieta.

Per quanto riguarda il riscaldamento del terrario, occorre rifarsi alle caratteristiche climatiche dei luoghi d'origine: il Nord del Madagascar, posto a circa 15° di latitudine, ha un clima caldo-umido piuttosto uniforme durante tutto l'anno. L'escursione termica circadiana è importante: Phelsuma madagascariensis grandis gradisce elevate temperature diurne (28-30°C), con una modesta riduzione notturna della temperatura (di circa 3-4°C), che si può facilmente ottenere spegnendo l'impianto d'illuminazione, magari attraverso un temporizzatore, e lasciando acceso solo l'elemento riscaldante. Personalmente impiego una piastra riscaldante situata all'esterno, lungo la parete posteriore del terrario, nascosta alla vista da una sottile quanto decorativa lastra di sughero (posta anch'essa all'esterno per evitare che si deformi a causa dell'umidità elevata). Ritengo inutile adoperare una fonte termica al di sotto del substrato per animali che non amano sostare mai sul fondo, oltre che dannosa qualora si disponga di piante vere. Un'umidità relativa compresa tra 60 e 70% è raggiungibile attraverso alcune abbondanti vaporizzazioni quotidiane, preferibilmente con acqua distillata o d’osmosi, al fine di evitare concrezioni calcaree sui vetri del terrario. Nebulizzatori automatici (visibili nella foto) possono facilitare il compito. Valori superiori di umidità associati ad una scarsa ventilazione possono favorire l'insorgenza di infezioni cutanee, soprattutto a livello delle lamelle adesive.

 

 

Arredamento

Trascorrendo la maggior parte della giornata sugli alberi, tra la vegetazione, questo geco richiede che in terrario sia ricostruito un habitat con caratteristiche analoghe a quelle dei luoghi d'origine: solo trovandosi a proprio agio tra rami, sugheri, cortecce (tutte senza angoli acuminati e taglienti) e molte piante, può vincere l'iniziale timidezza e riserbo.

Il substrato da preferire è la torba che, oltre a conservare bene l'umidità, permette di piantare direttamente nel substrato le piante, indispensabili fonti di sostegno e rifugio; un sottile strato di argilla espansa al di sotto dello strato di torba può rendersi utile per il drenaggio. Le piante da utilizzare devono possedere foglie o fusto in grado di reggere il peso degli animali: i generi Philodendron e Ficus sono preferibili per l'ampia possibilità di scelta che offrono. Per terrari di grandi dimensioni alcune felci epifite, come ad esempio il corna d'alce (Platycerium sp.), e la palma nana (Howea sp.) possono essere confacenti, mentre per terrari di modeste dimensioni, alcune bromeliacee (Aechmea sp., Aregelia sp., Nidularium sp. e Vrisea sp.) sono d'aiuto, soprattutto durante l'allevamento di esemplari giovani. Un discorso a parte merita la "pianta serpente": così chiamata negli USA, la Sansevieria sp. consente alle femmine gravide di rilasciare le uova all'ascella delle sue foglie, lanceolate all'apice, ma ricurve ad imbuto alla base (come visibile nella foto).

Nascoste in alto, tra tronchi e foglie, si possono collocare alcune piccole vaschette trasparenti che saranno utili sia come contenitori di cibo che di acqua, nonostante la maggior parte degli esemplari di cattura prediliga dissetarsi leccando direttamente la rugiada sulle foglie; tale abitudine obbliga l'allevatore ad evitare piante che possano secernere sostanze tossiche o che siano state trattate con spray insetticida.

Pur allevando solo 2-3 esemplari per terrario, conviene disporre di più contenitori per il cibo in maniera tale che l'esemplare dominante non riesca a monopolizzarli tutti: esemplari sottomessi o stressati, a cui è vietato avvicinarsi al cibo, tendono generalmente a rendersi apatici e a perdere la brillantezza dei propri colori.

 

Alimentazione

La dieta deve essere il più possibile varia: grilli (Acheta spp.), vermi della farina (Tenebrio spp.), camole del miele (Galleria mellonella) e mosche (Musca spp.) sono tutti insetti graditi (vivi), ma non sono sufficienti; la proverbiale predilezione di questi gechi per le sostanze zuccherine consente di arricchire la loro alimentazione con frutta succulenta dolce e omogeneizzati per bambini; anche piccole quantità di miele possono essere somministrate a settimane alterne o ad esemplari in difficoltà, in sostituzione del nettare e del polline che trovano in natura.

Ciò che non deve mai mancare sono le vitamine e i sali minerali: il fabbisogno di Calcio e vitamina D, già piuttosto elevato per questa specie, diviene indispensabile per gli esemplari in riproduzione e i giovani appena nati. Necessari sono integratori minerali specifici per rettili miscelati a frullati e succhi di frutta. Attenzione però a non eccedere con la vitamina A (retinolo) poiché studi condotti negli Stati Uniti tendono a dimostrare come un elevato apporto di questa vitamina liposolubile pregiudica un corretto metabolismo del Calcio.

E' necessario evitare, inoltre, di sbilanciare la dieta a favore delle sostanze ricche di carboidrati (come frutta o miele) a scapito di quelle proteiche. Non si dimentichi, inoltre, che gli alimenti zuccherini, posti in ambienti caldi e umidi, ammuffiscono velocemente, per cui gli avanzi del pasto devono essere rimossi con tempestività.

Coppia di Phelsuma intente a leccare meringa impastata con polvere di Calcio.

Conviene alimentare gli esemplari adulti tre volte alla settimana mentre i piccoli, almeno nei primi due mesi di vita, a giorni alterni.

Non è raro, dopo qualche tempo, osservare esemplari, dapprima schivi e timorosi, avvicinarsi direttamente alle mani dell'allevatore per ricevere cibo, anche sconosciuto ed immobile (come, ad esempio, piccoli pezzi di carne macinata).

 

Riproduzione

Se allevati correttamente, i primi tentativi di accoppiamento non tarderanno a verificarsi. I maschi non sono prodighi di coccole ma, dopo aver sondato la disponibilità delle femmine con movimenti a scatto del capo (comportamento ricorrente anche in altre relazioni sociali), le immobilizzano mordendole a livello del collo; successivamente i riproduttori si dispongono in maniera tale che le due cloache convergano per facilitare l'azione di uno degli emipeni (in basso rara immagine di accoppiamento).

Dopo l'accoppiamento, le femmine iniziano la ricerca del luogo ideale ove deporre le uova che, spesso, è individuato nella zona più umida e riparata del terrario. Generalmente vengono deposte due uova (raramente una) che si induriscono rapidamente e spesso, essendo vicine, collabiscono l'una all'altra tanto da non poter essere distaccate. Le uova, sferiche, hanno un diametro medio di circa 1 cm e sono di colore bianco.

Gli accoppiamenti avvengono durante tutto l'arco dell'anno, benché ogni coppia riproduttiva mostri un periodo di riposo fisiologico. Esemplari dei due sessi possono convivere anche se, talvolta, conviene lasciar "riposare" le femmine dalle continue e decise attenzioni dei maschi, isolandole. Capita, infatti, di imbattersi in femmine che, non disponendo più di Calcio necessario per la costruzione dei gusci delle uova, mostrino gravi segni di decalcificazione (foto in basso).

A deposizione avvenuta si rimuovano con grande cura le uova (dopo aver annotato la data di deposizione) e le si disponga in uno schiuditoio contenente vermiculite umida. Nel caso in cui si ricorra ad uno schiuditoio artigianale, occorre impedire all'eventuale condensa di giungere a contatto diretto con le uova al fine di non ostacolare gli indispensabili scambi gassosi a livello del guscio.

Ad una temperatura di incubazione di 27-29 °C, con un'umidità relativa non inferiore al 70-80%, le uova si schiudono mediamente dopo circa 55-65 giorni. Osservazioni dirette hanno consentito di verificare che, mentre l'incubazione a temperature più basse di 1-2 °C può provocare il ritardo della schiusa (in alcuni casi anche di due settimane), temperature superiori ai 32 °C provocano quasi sempre la morte dell'embrione.

 

Piccoli, ma fieri

I piccoli, che alla schiusa misurano circa 6,5 cm, sono subito vispi e in grado di accettare cibo (Drosophila spp., preferibilmente attere o con ali vestigiali e larve di tenebrionidi di modeste dimensioni).In basso piccolo appena nato.

Talvolta accade che le uova si schiudano a 24 ore l'una dall'altra e che il primogenito si mostri immediatamente aggressivo col neonato. Per simili motivi, oltre che per una corretta e attenta alimentazione, si consiglia di "svezzare" i piccoli allevandoli separatamente in piccoli contenitori, possibilmente disposti in batteria;

ho notato, infatti, che i neonati sono meno restii ad accettare cibo quando crescono a vista dei loro "fratelli maggiori". Nei "terrari-nursery" conviene non utilizzare alcun tipo di substrato per impedire che la casuale ingestione possa provocare occlusioni intestinali dall'esito fatale. La comune carta da cucina (tipo Scottex) può fare al caso nostro. Occorre fare attenzione, infine, alla profondità della vaschetta per l'acqua (mezzo centimetro non di più), poiché nei primi giorni di vita capita che i piccoli, sperimentando le potenzialità delle loro lamelle adesive, possano perdere aderenza e caderci accidentalmente dentro, senza essere più in grado di uscirne. La crescita, a seconda degli esemplari, è di circa un centimetro al mese e la maturità sessuale può essere raggiunta dopo 18-20 mesi di vita.

 

Conclusioni

Il rispetto delle fondamentali norme igieniche ed una corretta alimentazione favoriscono il successo riproduttivo che, oltre ad essere gratificante per l'allevatore, può portare ad un incremento nel numero degli esemplari nati in cattività, contribuendo ad evitare la massiccia importazione dai luoghi d'origine: alcuni recenti studi, d'altronde, hanno dimostrato che la crescente deforestazione, atta a far posto alle grandi coltivazioni, non sta nuocendo particolarmente a questa specie, anzi la sta facendo accrescere, a scapito di altre sottospecie più delicate e meno adattabili alle repentine modificazioni del territorio.

Si ricorda, infine, che il genere Phelsuma, essendo compreso nell'elenco delle specie protette dalla Convenzione di Washington, può essere commerciato parzialmente: si acquistino, quindi, solo esemplari accompagnati da relativo documento CITES in maniera da non favorire il commercio illegale.

 

BIBLIOGRAFIA

Seufer, H. (1991) - Keeping and breeding geckos. T.F.H. Publications. Neptune City (NJ), U.S.A.

McKeown, S. (1993) - The General Care and Maintenance of Day Geckos. Advanced Vivarium Systems, Lakeside, California, U.S.A.

Glaw, F., Vences, M. (1994) - A Fieldguide to the Amphibians and Reptiles of Madagascar. Second ed. M. Vences & F. Glaw Verlags GbR, Koln (Germany).