PRESSIONE OSMOTICA E OSMOSI INVERSA

di Marco Vitone e Massimo Paiano

 

Le caratteristiche fisico-chimiche dell'acqua influiscono direttamente sui meccanismi biologici degli ospiti d'acquario che, come ogni organismo vegetale o animale, esplicano le proprie funzioni vitali anche attraverso interazioni tra la membrana plasmatica delle cellule e l'ambiente circostante. Assumono così grande importanza qualità e quantità delle sostanze disciolte nell'acqua che, al loro variare, influenzano in maniera specifica gli scambi cellula-ambiente esterno.

La concentrazione salina dell'acqua (durezza), ne determina la pressione osmotica (p.o.) influenzando così l'intensità degli scambi attraverso la membrana cellulare: sappiamo che separando con una membrana semipermeabile (permeabile all'acqua ma non alle sostanze disciolte) due soluzioni, una d'acqua più tenera e l'altra d'acqua più dura, s'osserva un passaggio d'acqua "pura" dalla soluzione a più bassa concentrazione salina a quella più concentrata sino a bilanciare la p.o. (e quindi la durezza) in entrambe le soluzioni. Questo fenomeno, chiamato osmosi, è noto fin dal XVIII secolo quando l'abate Nollet osservò che immergendo una vescica (membrana semipermeabile) piena di una soluzione acquosa concentrata in un recipiente contenente acqua "pura", questa si gonfiava fino a scoppiare.

I pesci in origine occupavano l'ambiente marino, ma processi evolutivi li hanno portati ad adattarsi agli ambienti dulcacquicoli; ciò ha implicato tutta una serie di adattamenti per ovviare alla differenza di pressione osmotica presente nei due ambienti.

Le cellule dei pesci marini sono in grado di restare in equilibrio in un'acqua con elevata p.o.: per essi la tendenza dovrebbe essere alla disidratazione, dato che all'interno della cellula la p.o. è minore rispetto all'acqua marina.

Le cellule dei pesci d'acqua dolce, di contro, sono in equilibrio rispetto al tipo d'acqua dove sono diffusi (più o meno dura): tuttavia per essi la tendenza dovrebbe essere a riempirsi d'acqua, dato che la p. o. endocellulare è superiore a quella dell'acqua dolce in cui sono immersi.

I pesci controbilanciano la tendenza a disidratarsi o a gonfiarsi con meccanismi biologici complessi: in acqua marina il pesce introduce acqua ed espelle piccole quantità d'urina ad alta concentrazione salina per bilanciare la tendenza a disidratarsi: in acqua dolce il pesce introduce poca acqua dalla bocca ed espelle grosse quantità d'urina a bassa concentrazione salina per bilanciare la tendenza a gonfiarsi.

Orbene tali meccanismi hanno un costo in termini di dispendio energetico da parte dell'organismo: se il loro funzionamento diviene anormale rispetto ai ritmi fisiologici ciò provoca situazioni di prolungato stress, che nel tempo possono condurlo alla morte.

Bisogna tenere presente, inoltre, che per ogni organismo la p.o. dell'acqua di provenienza è il parametro rispetto al quale ogni sua funzione è stata regolata (si potrebbe infatti obiettare che allevare ad esempio un pesce marino in acqua "meno salata" potrebbe aiutarlo a non dover continuamente bilanciare la tendenza a disidratarsi: ebbene esistono pesci, detti eurialini, che sono in grado d'adattarsi sia in acqua marina sia in acqua salmastra: essi costituiscono però un'eccezione, dato che ogni organismo acquatico è concepito per vivere e riprodursi nell'ambiente d'origine). Esempio di specie eurialine sono i pesci migratori, come ad esempio i tonni che sono in grado di attraversare i diversi oceani e, quindi, adattarsi alle differenti salinità di questi enormi bacini.

Problemi sorgono nel caso in cui le caratteristiche fisico-chimiche dell'acqua non rispettano quelle proprie d'ogni organismo acquatico: un organismo in acqua molto più dura rispetto a quella de! bacino di origine dovrà bilanciare l'eccesso di p. o. nell'ambiente acquatico disidratandosi anziché tendere a gonfiarsi così come dovrebbe accadere in condizioni d'equilibrio; in tal modo si trova ad affrontare una situazione innaturale per fronteggiare la quale spende un'eccessiva quantità d'energia trovandosi in condizioni di disagio. Lo stress prolungato indebolisce l'organismo, debilitandolo al punto d'esporlo a frequenti malattie; inoltre non potremo ammirare l'esemplare nella livrea migliore essendo questa una caratteristica degli animali in perfetta salute.

Le acque dei luoghi d'origine di alcuni degli organismi d'acqua dolce, sono molto tenere, a volte con massimo 1° di durezza totale (la conduttività elettrica è compresa tra 10 e 50 microsiemens, ad indicarci la estrema povertà di sostanze disciolte).

In particolare le uova dei pesci sono maggiormente sensibili: la percentuale di schiusa è direttamente legata alla correttezza della p. o.. Il motivo per cui si raccomanda un'acqua con appropriate caratteristiche per la riproduzione, infatti, non riguarda solo i riproduttori (che al limite possono deporre anche in acque inadatte) ma soprattutto le uova; queste difatti risentono molto più dei pesci della p.o, in quanto non in grado di far fronte a variazioni di questo parametro.

La durezza inoltre ha effetti immediati sul pH e sulla CO2 disciolta condizionandone la misura. Acque basiche con durezza elevata rispetto ai valori abituali limitano inoltre la secrezione di muco da parte dei pesci, rendendoli ulteriormente indifesi contro eventuali malattie.

 

COME RENDERE L'ACQUA ADATTA AGLI OSPITI D'ACQUARIO ?

Oltre alla regolazione della p.o. è fondamentale per la fisiologia degli organismi acquatici, la qualità delle sostanze disciolte nell'acqua. L'acqua di rubinetto potrebbe contenere ad esempio metalli pesanti e veleni (oltre che scorie azotate)  in quantità sicuramente pericolose per gli ospiti dell'acquario. Sappiamo delle conseguenze che ammoniaca (o ione ammonio), nitriti e nitrati hanno su piante e pesci, e altresì non possiamo dilungarci sui devastanti (ma lenti) effetti dei metalli pesanti ed altri veleni. L'eliminazione dì sostanze indesiderate e la regolazione della durezza sono, dunque, gli obiettivi che l’acquariofilo deve conseguire.

Biocondizionatori, carbone e torba possono annullare l'effetto solo di alcune sostanze contenute nell'acqua (cloro, atrazina, ecc.), ma non influiscono, se non minimamente, sui valori chimici delle acque dei nostri rubinetti (20° dGH, 10° dKH, pH 8, conduttività 800 microsiemens). I metodi per ottenere acqua "pura" sono molteplici: si può adoperare acqua distillata o deionizzata (demineralizzata), ottenuta con particolari combinazioni di resine, di durata pressoché illimitata, ma vincolate a laboriosi processi di rigenerazione con acidi forti (acido citrico o cloridrico per resine cationiche e soda caustica per resine anioniche).

Oltre ai già noti impianti a resine cationiche ed anioniche, lo studio di nuove membrane semipermeabili sintetiche ha permesso lo sviluppo degli impianti ad "osmosi inversa" (detta anche "osmosi riversa", dall'inglese reverse osmosis).

Di provenienza statunitense, questa tecnologia è ormai ampiamente impiegata nel mondo e non solo per l'acquaristica.

Le membrane semipermeabili, essendo motto compatte (meno di 1 micron di porosità), hanno la caratteristica di bloccare la maggior parte dei salì disciolti nell'acqua oltre a moltissime altre sostanze di origine chimica ed agli organismi microscopici in essa presenti con peso molecolare maggiore di 300 Dalton. Il principio di funzionamento è detto osmosi in senso contrario: "l'osmosi inversa" consiste nell'applicare una pressione che contrasti la normale p.o., in modo tale da ottenere iI passaggio di acqua "pura" dalla soluzione più concentrata. Si ottengono quindi due flussi uno contenente acqua "pura" (a bassa conducibilità elettrica) e l'altro carico di sostanze dìsciolte (in tal senso "inversa'" perché di norma il processo osmotico porta ad ottenere due soluzioni con eguale concentrazione).

Gli apparecchi ad osmosi inversa di uso comune utilizzano una membrana avvolta in modo concentrico intorno ad un cilindro interno perforato e chiuso ad una estremità. L'acqua in ingresso fluisce dagli strati esterni della membrana verso l'interno, dove viene raccolta nel tubo centrale ed esce come acqua demineralizzata (permeato). Le sostanze di scarto invece tendono ad accumularsi sulla superficie estema della membrana e vengono trasportate fuori dal flusso d'acqua di scarto.

Le membrane moderne svolgono la loro funzione anche con pressioni modeste (2-8 bar), tant'è che gli apparecchi con una produzione d'acqua giornaliera fino a 200 litri funzionano con la normale pressione degli acquedotti (circa 3 bar). E' sufficiente collegare l'apparecchio al rubinetto di casa per ottenere acqua con il 95-98% in meno della durezza originaria (0° dGH - 0° dKH), priva di metalli pesanti, senza nitrati o inquinanti chimici, con un pH intorno a 6,5-7 ed una conduttività inferiore a 10 microsiemens.

Una certa parte dell'acqua in ingresso esce invece come acqua di scarto. Il rapporto tra l'acqua demineralizzata e quella di scarto prodotta, varia da 1:2 a 1:5, a seconda del tipo di membrana impiegato nel sistema e alla pressione dell'acqua in ingresso. La quantità d'acqua prodotta è comunque in funzione della pressione applicata e la portata giornaliera di ogni apparecchio è misurata con una ben determinata pressione, che in genere è di 3 bar. Variazioni in aumento o diminuzione di questo valore provocano un corrispondente aumento o decremento nella quantità d'acqua "pura" ottenuta (permeato).

Prima di acquistare un impianto ad osmosi inversa è bene verifìcare la pressione in uscita dal rubinetto dove si deve applicare l'apparecchio. A volte infatti, la pressione è inferiore a 2 bar e la produzione giornaliera è molto ridotta (appena 45 litri). In questi casi è possibile comunque ovviare all'inconveniente acquistando un diverso sistema, dotato di una piccola pompa di pressione che risolve l'inconveniente (è possibile, con impianti adatti, ottenere fino a 24.000 litri giornalieri). Il demineralizzatore ad osmosi inversa, munito della pompa di carico, anche se più costoso, è più efficiente ed il rapporto tra acqua di scarto ed acqua prodotta è in genere di 1:1.

Il contenuto di sali disciolti e la temperatura dell'acqua in ingresso (min. 5°C - max. 40°C) sono altri fattori che influenzano la quantità di permeato prodotto, quindi è sempre bene verifìcare tutti questi parametri per valutare quale sia l'impianto che fa al caso nostro.

Lo studio di nuove membrane è continuo (per esempio attualmente non si utilizza più il triacetato di cellulosa (CTA), ma uno speciale polimero: il poliammide (TFC) ed è quindi ragionevole aspettarsi miglioramenti futuri.

Molto importante nell'apparecchio ad osmosi inversa, oltre ad un eventuale risciacquo della membrana almeno una volta l'anno (che è conveniente venga eseguito da esperti), è il sistema di prefiltraggio dell'acqua in ingresso nell'apparecchio, che se non è proporzionato all'apparecchio può limitare la vita della membrana che può, se ben utilizzata, durare alcuni anni. Un filtro a carbone attivo (da cambiare ogni 500 litri di permeato prodotto) ed un filtro a sedimentazione in polipropilene (perlon), con selettività di 1 - 20 micron, di generose dimensioni, (da risciacquare o meglio sostituire ogni 6 mesi), sono la migliore garanzia del buon funzionamento dell'apparecchio per vari anni; infatti la membrana è particolarmente sensibile al cloro dal quale viene lentamente corrosa se non preventivamente neutralizzato.

Sappiamo ora come ottenere acqua pura con durezza praticamente nulla; miscelando quest'acqua a quella di rubinetto nelle dovute proporzioni otterremo i valoridi durezza desiderati.

Tuttavia a questo scopo sarebbe preferibile usare i sali per acqua dolce esistenti in commercio che hanno il pregio di non farci introdurre nuovamente in acquario (sia pure in minore percentuale) altre sostanze indesiderate. Per questo motivo consigliamo l'uso di acqua demineralizzata con aggiunte dei sali in questione anche a chi ospita organismi che abbisognano di acqua "dura". Tale soluzione è preferibile rispetto all'uso di acqua di rubinetto ed i risultati si vedono in termini di crescita delle piante, salute dei pesci, riproduzione e durata media della loro stessa vita.

Le esperienze condotte hanno confermato che l'uso di impianti domestici ad osmosi inversa rappresenta, per tutti coloro che vorranno cimentarsi nella "sfida" dell'allevamento e riproduzione dei pesci, un validissimo, e tutto sommato economico, aiuto.